Leggende metropolitane sullo psicologo

  

Attualmente tale professione è caratterizzata da nota diffusione e utilità sociale. 

Tuttavia, vi sono ancora molte leggende che ruotano intorno ad essa, sfociando molto frequentemente in credenze e pregiudizi errati ed infondati, dovuti anche ad una scorretta circolarità delle informazioni. 

Da ciò nasce il mio desiderio di elencare, in questo spazio, alcune delle più note “leggende metropolitane” sullo psicologo, al fine di fornire informazioni chiare e veritiere. 

Buona lettura!

 

Lo psicologo non legge nella mente, nè cerca significati nascosti dietro ad ogni sillaba pronunciata.

Già dai primi mesi da studentessa di psicologia, quando raccontavo alle altre persone di voler diventare uno psicologo, queste si cimentavano in notevoli voli pindarici su cosa lo psicologo fosse in grado di fare e su come comportarsi con me. 

Spesso, infatti, si è convinti che lo psicologo: 

  • possa leggerti nella mente;
  • sia in grado di interpretare un sogno raccontato durante una chiacchierata tra amici;
  • sia una figura da cui guardarsi, se non si vuole sentirsi dire che si è pazzi. 

Ebbene, lo psicologo non è nulla di tutto ciò. La professione dello psicologo, infatti, è un lavoro riconosciuto e regolamentato dalla legge (56/89) e si occupa di favorire il benessere del singolo, del gruppo, della comunità, accrescendo le loro risorse personali e aiutandoli a identificarle, favorendo e promuovendo una maggiore conoscenza di se stessi e degli altri, al fine di avviare comportamenti adeguati, consapevoli ed efficaci (art. 3 codice deontologico degli psicologi). 

 

 

Se ti rivolgi ad uno psicologo significa che sei matto.

Altra leggenda metropolitana molto diffusa, anzi diffusissima!!! Lo psicologo è un professionista che si occupa di prestare aiuto rispetto ad un’ampia varietà di tematiche, che, certamente, possono includere anche psicopatologie gravi, ma che non si esauriscono solo in esse (e poi, cosa si intende per “matto”?)

Ci si può rivolgere allo psicologo, infatti, per difficoltà di vita quotidiana, dato che, nel corso della vita, è un fattore molto comune -e normale!- quello di passare dei momenti critici o problematici. Difficoltà, quindi, potenzialmente in grado di riguardare tutti noi. 

Ad esempio, ci si potrebbe rivolgere ad uno psicologo per tematiche che spaziano dall’elaborazione di eventi luttuosi o traumatici a difficoltà di tipo alimentare, come anche il voler accrescere la propria motivazione per affrontare una dieta, da problematiche legate ad una bassa autostima a difficoltà di relazione interpersonale, con amici, partner, familiari o colleghi di lavoro

O ancora, ci si può avvalere della consulenza dello psicologo per difficoltà legate a malattie fisiche, come ad esempio malattie dermatologiche quali la psoriasi, potenzialmente in grado di provocare frustrazione, disagio e vissuti di stigmatizzazione, o anche per affrontare la malattia di un proprio familiare, magari necessitante di assistenza, o per problematiche legate ad ansia o fobie eccessive, oltre che a vissuti e sentimenti depressivi e di tristezza e alla gestione di eventi stressanti anche passeggeri, quali un matrimonio, la nascita di un figlio, un trasloco, il cambio di un lavoro, etc., che anche se positivi, introducono sempre un cambiamento.

 

 

Andare dallo psicologo significa buttare i soldi, tanto per una “chiacchierata” basta l’amico.

Certamente è vero che il lavoro dello psicologo si basa molto sulla comunicazione verbale; tuttavia, il colloquio con lo psicologo è caratterizzato da specifiche peculiarità, che nulla hanno a che vedere con la chiacchierata che si può fare con l’amico. 

Sicuramente il godere di solide e buone relazioni interpersonali è un fattore in grado di favorire il benessere psicofisico, ma un amico non ha le competenze dello psicologo e non è quindi in grado di aiutare seriamente riguardo ad alcune difficoltà. 

Lo psicologo, infatti, ha sostenuto un percorso di laurea di 5 anni, ha effettuato diversi tirocini tra cui uno della durata di 12 mesi dopo la laurea, ed ha infine sostenuto e superato l’Esame di Stato per poter ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione. E', infine, iscritto alla sezione A dell'Albo degli Psicologi della propria Regione ed è tenuto a rispettare il Codice Deontologico. A ciò, inoltre, spesso si aggiunge una formazione complementare, come corsi di formazione, master o scuole di specializzazione, dato anche il fatto che lo psicologo è obbligato, per legge, a tenere attiva e aggiornata la propria formazione (art. 5 c.d.), in modo da offrire a chi si rivolge a lui competenze professionali adeguate e scientificamente fondate.

(Come si diventa Psicologi? Scoprilo qui!) 

 

 

Andare dallo psicologo significa essere deboli.

Questa leggenda metropolitana è tanto diffusa quanto fasulla: richiedere l’aiuto di uno psicologo, infatti, significa essere delle persone motivate al cambiamento, spesso anche trattando argomenti dolorosi, e rappresenta un gesto di riguardo per il proprio benessere oltre che una buona capacità di identificazione dei propri bisogni.

 

 

Andare dallo psicologo costa troppo.

La professione dello psicologo è caratterizzata da un costo, come lo sono anche quelle del veterinario, dell’ingegnere, del medico, del parrucchiere o dell'estetista. In sostanza, come qualsiasi altro professionista.

Il costo del lavoro dello psicologo dipende da molteplici aspetti e, tra gli altri:

  • prestazione professionale;
  • l’acquisto e l’utilizzo di eventuale materiale testistico e di altri strumenti per svolgere il lavoro;
  • anni di formazione universitaria e post-universitaria;
  • iscrizione annuale all’Ordine degli Psicologi;
  • assicurazione professionale annuale;
  • iscrizione all’ENPAP (contributi previdenziali);
  • affitto, bollette e altre spese relative allo Studio;
  • commercialista.

Dopotutto, anche il non dare ascolto al proprio malessere ha un costo. 

 

 

Andare dallo psicologo significa dover proseguire per anni.

La durata del percorso psicologico dipende da diversi fattori, tra cui la tipologia della problematica presentata, il livello di compromissione della vita quotidiana e il modo di lavorare (o orientamento) dello psicologo. Tra quest’ultimi, inoltre, c’è da dire che negli anni si sono sviluppate delle metodologie che permettono di affrontare la problematica in tempi brevi.

Tali aspetti temporali, comunque, vanno concordati con il professionista, al fine di individuare il percorso più adatto alle proprie esigenze

 

 

“Ho visto il mio psicologo al supermercato… sembrava una persona come le altre!”.

Anche lo psicologo è un essere umano, passa dei brutti e difficoltosi momenti, va a fare la spesa, ha una famiglia e si diverte con gli amici, come ogni altra persona. 

 

Dott.ssa Giorgia Salvagno